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Divennero celebri come i primi nemici della neonata Italia ; a torto o a ragione li chiamarono briganti. Fu il loro agire movimento di liberazione, rivolta furba, goffo golpe? Per Torino fu solo campagna di repressione, neanche guerra. Il dibattito resta apertissimo. ‘A Mezzogiorno viene fame’ testimonia un segmento di storia, quello relativo al Mezzogiorno immediatamente post unitario,  a proposito del quale è stato riconosciuto diritto di parola a storici, scrittori, rappresentanti dell’Autorità e qualche capobanda ; non, ovviamente, ai protagonisti rimasti senza nome. Traendo spunto dalla faticosa ricostruzione dei fatti accaduti nel brindisino ad opera di Antonio Lucarelli e Vincenzo Carella, l’opera dà voce a sei confessioni, tra loro leggermente discordanti. Metà di queste appartengono ad altrettanti soldati di quel che fu un non-esercito, tre giovani cafoni di Carovigno nei quali prende sostanza la figura del ‘brigante ignoto’. Le restanti testimonianze appartengono a donne del popolo le cui vicende intersecarono quelle dei non-soldati. I sei documenti, che possiamo immaginare resi originalmente in lingua madre, qui si presentano trascritti in un italiano ‘sporcato’ di idioma locale, quasi a raccoglierli e riaccomodarli per esigenze processuali fosse a suo tempo intervenuto un qualche Cancelliere. Quasi  testimonianze postume, le sei storie vogliono essere un piccolo contributo alla comprensione dei cento perché l’Italia è, non fu, avrebbe potuto o dovuto essere.

 

Sinossi : Amici d’infanzia, Domenico, Michele e Vincenzo sono ‘cafoni’ di Carovigno, un piccolo centro del brindisino.

Quando Garibaldi sbarca a Marsala le loro strade si separano. Domenico parte volontario per il fronte siciliano, Michele e Vincenzo trovano ingaggio come braccianti presso possidenti diversi.

Ingiustizie e violenze porteranno ciascuno ad intraprendere un duro cammino personale che si chiude col trovare rifugio tra i briganti.

Due anni dopo si ritrovano in una masseria ai margini di Carovigno dove più bande si sono date convegno per mettersi agli ordini del Sergente Romano e dare vita ad un clamoroso ‘fatto’ (la restituzione per qualche ora del piccolo centro al governo borbonico in esilio).

Dopo aver brevemente militato assieme nell’Armata di Liberazione, Domenico diserta, Michele cade prigioniero, Vincenzo resta al fianco del Romano. L’emigrazione, il bagno penale e la morte suggellano la fine di percorsi mai più destinati ad incrociarsi.

In parallelo alle vicende dei tre cafoni scorrono quelle non meno intense di alcune giovani popolane.

Delusa da Domenico e abbacinata da un sogno, Marissunta abbandona per sempre Carovigno ; i guasti di una scelta rovinosa verranno sanati più avanti dalla scoperta della fede.  

Grazie a Michele, Rosa può scansare il peggio e far ritorno a Ceglie Messapica ; vivrà nel culto della memoria e della gratitudine.

Infine Filomena che, dopo aver vissuto la sua fugace stagione d’amore, consacra il resto della vita all’attesa di Vincenzo.

 

Nota dell’Autore : ‘A Mezzogiorno viene fame’ non è ispirato da revanscismo borbonico.

La nostalgia espressa dai protagonisti per l’antico regime è solo voce di quel sentimento confuso e contraddittorio che le plebi del Mezzogiorno svilupparono all’indomani dell’Unità, travolte da un fenomeno troppo rapido e radicale per essere compreso ed accettato.

Nella rivolta dei briganti, ovvero dei cafoni armati, va letta soprattutto un’insoddisfazione atavica che attendeva un’occasione epocale per assumere  connotati clamorosi.

L’opera non ha intenti polemici, non è furba operazione commerciale, tanto meno vuol rilanciare la trita questione meridionale. Piuttosto, s’inserisce nel risvegliato interesse per il tema dell’Unità ‘Italia allo scopo di riflettere sull’attualità della figura del ‘cafone’, ovvero del lavoratore precario senza competenze specifiche e perciò speranze.

I ‘cafoni’ del terzo millennio non stanno più a sud dell’Italia, ma a Sud del mondo. Invece che galantuomini con sigaro, paglietta e bastoncino da passeggio, a dominarli è adesso una nuova, virtuale e non meno spietata razza di padroni.

 

E se i cafoni dell’era globale diventassero briganti?...  

Obiettivi dell’Iniziativa:

 

Approfondimento delle problematiche esistenziali e delle realtà storiche del periodo post-borbonico attraverso un’analisi sociale ed antropologica delle popolazioni del Mezzogiorno d’Italia utilizzando la lettura ed il commento critico del romanzo: A MEZZOGIORNO VIENE FAME Ed. Secop di Italo Interesse (scrittore e giornalista).

 

Descrizione Sintetica dell’Iniziativa:

 

Evento a carattere storico-culturale inserito nelle molteplici letture interpretative proliferate in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

 

Descrizione delle Attività Realizzate:

 

Lettura scenica  di alcuni brani del testo a cura di attori professionisti (Lino De Venuto, Barbara De Palma, Ketty Volpe); interventi critici ad opera del prof. Mario Spagnoletti docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Bari e del giornalista Lino Patruno della Gazzetta del Mezzogiorno.

Realizzazione di manichini a misura d’uomo di costumi del brigante-cafone dell’epoca.

 

Beneficiari finali:

 

Studenti della Scuola Media di II grado; adulti, studiosi e non.

 

Risultati Ottenuti:

 

Interesse per un periodo storico scarsamente contestualizzato nella storiografia ufficiale.

 

Partner:

 

 

Patrocinio del Comune di Bari. Location “Spazio Apulia” Palazzo Barone Ferrara, Corso Vittorio Emanuele II, n. 102/a – Bari